venerdì 23 agosto 2013

L'inverno del nostro scontento 2

Fra Trivulzio mi guardò con sguardo inquisitore. L'odore del suo dopobarba all'aglio mi solleticava le narici, mi ricordava la gioventù perduta e mi metteva voglia di bruschette. La cosa più curiosa era che Fra Trivulzio aveva la barba.


Mentre pensavo a queste facezie la neve riprese a cadere in grossi fiocchi sul cappuccio del mio saio, allora guardai il mio confratello con occhi supplicanti e lacrimosi e bisbigliai: "Trivulzio, mi dispiace di avere ripetutamente e pesantemente ingiuriato Nostro Signore mentre bussavo alla porta ma ti prego di comprendere che ero congelato, affamato e sfinito... Abbi pietà di me peccatore!". Il cipiglio sul volto di Fra Trivulzio non accennò a sciogliersi, come pure il suo silenzio. Con un lieve movimento delle sopracciglia cispose mi fece capire che potevo entrare, che la mia cella era libera e pronta ad accogliermi ma che prima avrei dovuto scendere con lui nei locali sotterranei. "Perchè?" mi azzardai a domandare. Fu allora che Fra Trivulzio smise di parlarmi con le sopracciglia ed aprì finalmente bocca: "Perchè ivi ti attende il compianto Rugova!" (continua...)

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