Giunti a questo punto, riteniamo di aver portato sufficienti argomentazioni a sostegno della nostra tesi: che cosa ci impedisce, allora, di compiere l'ultimo passo, ovvero affermare con vigore l'assoluta assenza di una qualsivoglia giustificazione logico-razionale alla retribuzione del lavoro? Sumeri e Assiri donavano, con encomiabile magnanimità, la schiavitù alle popolazioni sconfitte, i feudatari medioevali facevano lo stesso con i loro servi della gleba e altrettanto fecero i padri fondatori degli Stati Uniti con i negri dell'Africa. Tali preziosi insegnamenti debbono cadere nel vuoto? Ancora una volta la Storia si dimostrerà un'ottima maestra con pessimi alunni? Con uno sguardo nostalgico verso il passato e uno pieno di speranza verso il futuro, gli autori di questo libello non possono far altro che agognare il momento in cui potranno smettere di non far nulla tutto il giorno e potremo tutti insieme finalmente godere delle delizie dei lavoro, dello sfinimento fisico, intellettuale e morale senza più l'offensivo e degradante costume del pagamento finale. Verrà il giorno, ne siamo convinti, in cui l'attuale iniquo ordinamento crollerà con fragore e frastuono, per veder sorgere una nuova era di servitù universale.
Gli Autori
Non hanno scrupoli. Non hanno pietà. Non hanno senso del pudore. Se nomi come Ramon Gutierrez, Joe Mannaia, Saverio Corleone, Frankie Johnsson Andersson non vi dicono niente è perché finora avete avuto la fortuna di non incrociare mai le Pistole di Flanella. Ma i bei sogni finiscono sempre. E pure male.
lunedì 29 giugno 2009
De humano labore et de iniusta retributione - Capitolo 6: Conclusione
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