domenica 13 gennaio 2013

L'autunno di sbieco 13

..arrivò al binario sferragliando il treno e appena si fermò il dottor Ottobrunn ci fece cenno con la mano di salire. Io e Piega muti ci guardammo negli occhi annebbiati dai fumogeni della guerra di qualche minuto prima e piangendo lacrime salimmo in carrozza.
Ci accomodammo in uno scompartimento vuoto e il treno partì verso nord in una Val d'Adige avvolta dalla pioggerella di novembre. Io guardavo il mio viso riflesso nel finestrino e per la prima volta mi accorsi che le mia guance avevano le sembianze di due natiche; ecco perchè mi era stato dato quel buffo nomignolo. Piega stava seduto davanti a me grattandosi nervosamente il naso con una mano e con l'altra sfogliando le pagine giallastre della rivista "Moto in Trentino". Ottobrunn si era invece subito addormentato e si era lasciato cadere sul sedile il libro delle Verità che teneva sempre in mano. Fui preso dalla inarrestabile curiosità di aprirlo, potevo finalmente capire cosa serbava di tanto misterioso. Afferrai il libro e mentre Piega distratto aveva trovato una figurina adesiva di un Ciao del 1969  e cercava di staccarla dalla rivista io cominciai a sfogliare quel libro.
La copertina era di una pelle che aveva già su di se i segni del tempo che era passato ma in prima pagina invece di trovare il nome o la dedica di qualche personaggio misterioso trovai un foglietto pubblicitario della ditta che produce il famoso aspirapolvere Folletto..la Vorwerk. Fui preso da un motto di momentanea ed intensa delusione. Ma fui presto incuriosito dal prisma che era disegnato a pagina 1..che significava? e ancora più trasalii quando mi accorsi che tutte le pagine successive erano bianche , inesorabilmente bianche e vuote. Un senso di inquietudine si impossessò di me e rivolsi di nuovo lo sguardo al di la del finestrino del treno oltre le mie ben note gote di natica. Notai che i colori gialli e rossi dell'autunno avevano lasciato il passo al bianco della neve che ora ricopriva i prati, gli abeti e i soliti larici gialli ritardatari;era il segno che oramai la nuova stagione era giunta. All'improvviso una nebbia avvolse il treno, una nebbia gelida che si infilava dappertutto fuori ma anche dentro al treno tanto che non riconobbi più i volti di chi mi stava innanzi. Cominciai a sentire sulla mia pelle delle scosse ..come delle piccole scariche elettriche, sembrava di stare dentro un temporale ma eravamo dentro un treno e ciò mi atterriva. Gli oggetti metallici del treno cominciavano a friggere di elettricità , era come essere dentro ad una gabbia di Fahrenheit. Immerso in questo nugolo di nebbia ed cariche elettriche notai che il libro che tenevo in mano e le cui pagine fino a poco prima erano bianche cominciavano a scriversi di un racconto che stavo scrivendo io stesso col mio pensiero. Il libro mi leggeva la mente ed ecco che il prisma in prima pagina cominciò a proiettare nel vagone dove eravamo le figure di Cecco Beppe, di Ottobrunn , di Piega , degli Schutzen rabbiosi di qualche ora prima ,delle note delle gusle della Bosnia, degli amori mai vissuti della mia giovinezza. Il tempo e lo spazio non esistevano più, era tutto presente insieme nello stesso momento che ne condensava migliaia di altri. Ad un certo punto il capotreno aprì la porta di quello scompartimento così affollato e così confuso nel tempo. Si affacciò una figura di media statura vestita da ferroviere austriaco; fronte alta e pelata, occhiali tondi, senza barba e con dei baffi caduchi ai lati della bocca, era Max Plank.
Ci guardò tutti negli occhi con un sorriso beffardo e dicendoci "Biglietten bitte!" spense il fiammifero che teneva in mano.

Nessun commento: