lunedì 1 ottobre 2012

L'autunno di sbieco 8

Io e Piega ce ne stavamo con le ossa frastornate dalla caduta in mezzo alla strada, tra pozzanghere di acqua, fango e qualche foglia gialla. Per fortuna eravamo si doloranti ma ancora interi. La moto era però distrutta..del glorioso motore che assaliva le curve del Cimirlo restava solo una accozaglia di rottami.
Mi alzai e mi accorsi subito che non riconoscevo il vicolo nel quale ero caduto..forse era una amnesia momentanea dovuta alla caduta, forse era colpa di tutto quel fumo..ma più mi guardavo intorno più mi accorgevo che la città attorno a me non era la mia.
Il Bondone e la Vigolana che sovrastavano la mia Trento non c'erano più, i monti erano molto più tozzi,avvolti dal mantello di oscuri boschi di conifere che lasciavano il passo in basso al rosso ed al giallo degli aceri e dei faggi.  Le case erano strane, niente geranei ai balconi ma camini fumanti sui tetti rossi tra i quali spuntava qualche cupoletta e qualche campanile un po' più aguzzo che mi sembrava fosse un minareto. Ma quel che ancor più mi sorprendeva era il non vedere automobili in giro e il non sentire il caotico rumore del traffico e dei treni della mia città. Dove ero finito?
Presi per il braccio Piega che era molto più preoccupato per la moto che del rendersi conto di dove si trovava al mondo. Cominciammo a camminare nel vicolo deserto e appena girammo l'angolo ecco davanti a noi una carrozza nera trainata da un cavallo, dietro le fumose tende della carrozza 5 oscure presenze da far tremare le vene e i polsi. La carrozza quando ci vide accelerò rapida su per la strada che conduceva alle montagne...io e Piega cominciammo a scendere un po' impauriti la strada che conduceva verso il centro della città da cui sentivamo provenire un grande vociare di gente ed il dolce suono di qualche gusla.
Ed ecco per la strada ci apparvero gli abitanti di questa oscura città; alcuni dall'aspetto e dalla lingua sembravano ebrei aschenaziti, altri sembravano serbi, altri ancora croati , altri sembravano mussulmani..altri ancora sembravano ufficiali dell'esercito asburgico..
Avanzavamo in questa strada affollata da questa varia umanità ed ero sempre più inquieto ed in preda ad una strana sensazione come di depersonalizzazione.Piega invece sembrava impassibile e per nulla turbato dalla stranezza che ci circondava,anzi si grattava ogni tanto la chiappa destra. Giungemmo così giù al fiume e prendemmo la strada che lo costeggiava, era giorno di mercato e la gente affollava viva e indaffarata questa riva. Dietro un insegna dell'Impero Asburgico intravedetti il nome della via: Obala Kulina Bana..ero di sicuro finito in una città slava...come minimo quindi a centinaia di kilometri da casa mia...ma come avevo fatto ?Preso sempre più dall'ansia entrai in una locanda dove baffuti uomini fumavano tabacco e sbevazzavano liquori..andai al bancone e mentre cercavo di ordinare un qualsiasi alcolico da trangugiare mi si fece vicino un iuomo trasandato e spettinato con una gusla tra le bracciaed un sigaro in bocca tra i baffi;aveva capito che ero un forestiero e rivolgendosi a me in uno strano tedesco dall'accento slavo mi disse "schon euch zu treffen, meine Name ist Gavrilo Princip" Aveva detto che aveva piacere di conoscerci e ci aveva detto il suo nome..un nome che mi sembrava di avere già sentito o letto da qualche parte. Sempre più angustiato e confuso gli chiesi se poteva dirmi che giorno era, avevo infatti come l'impressione di non essere non solo nel mio posto ma anche di non essere più nel mio tempo.Egli cominciando a sogghignare in modo quasi irritante mi indicò un proclama imperiale appeso al muro che iniziava così "Sarajevo 10 giugno 1914" e mi gridò "Metta anche il numero di scarpe!"...Svenni ...

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